Atleti e preparazione globale

Sono interessato da sempre al mondo dello sport, come atleta prima, poi come istruttore ed infine come mental trainer.

Nelle recenti olimpiadi di Londra, abbiamo visto atleti italiani arrivati ad un soffio dal podio, per non parlare di atleti molto bravi usciti dalle qualificazioni o al noto caso di doping.

Sono rimasto anche colpito dal fatto che alcuni di loro abbiano raccontato, durante le interviste, il loro “momento no” ridendo, o dicendo “pazienza, andrà meglio un altra volta”, invece che con la legittima, coerente e più comprensibile rabbiosa frustrazione.

Come se vincere o perdere fosse, alla fine, indifferente.

Ho riflettuto su queste situazioni, conoscendo le grandi qualità dei nostri atleti, la disciplina ed i sacrifici a cui essi si sottopongono, e mi sono chiesto quali sono le cose che possono fare la differenza, tra un atleta vincente ed un ” vincente mancato”.

Diciamo intanto che, a quel livello, ogni dettaglio diventa essenziale, dato che per atleti di alto profilo la vittoria è questione di centimetri, o di centesimi di secondo, cioè differenze veramente minime tra prestazioni spesso tutte eccellenti.

Potremmo ricercare la spiegazione dal punto di vista degli allenamenti, visto che ci sono state anche varie polemiche all’interno delle squadre, a proposito del metodo di allenamento.

Oppure possiamo pensare che vi sia una carenza di rifinitura sull’altra componente, quella della preparazione mentale.

Da tempo questo aspetto è molto considerato, basti pensare che ogni atleta di alto profilo ormai ha anche il suo assistente psicologico, o addirittura un intero staff che si occupa di questo

Quando invece la prestazione è ben preparata da ogni punto di vista, allora assistiamo a memorabili performance, come quella della Rossi di Crevalcore che ha vinto, anche abbattendo il record nel tiro al volo.

Nella mia professione di Counselor mi sono trovato più volte ad operare con sportivi che avevano l’esigenza di dare il massimo, anche in momenti difficili per loro ed in condizioni particolarmente critiche.

A volte la prestazione era resa difficile dalle condizioni ambientali, a volte dal momento della vita o dalle aspettative che qualcuno aveva su di loro.

Talvolta era percepita come difficile per i motivi più vari, oppure c’era in fondo una riserva circa la motivazione a vincere.

Ho visto atleti avere paura di vincere per le implicazioni che ciò avrebbe potuto comportare. Oppure affaticati pur essendo perfettamente allenati.

Spesso ho parlato con atleti che si fanno male addirittura in allenamento, oppure che, avendo avuto un incidente, sono limitati dalla paura di farsi male di nuovo.

Ho visto atleti in testa alla gara, che si fanno raggiungere, perchè per loro è uno stress essere primi, atleti che sbagliano strategia perchè “perdono la testa”.

Potremmo andare avanti per ore; lo sport offre un immenso panorama di cose da osservare; ma pensiamo anche a coloro che tengono concerti, o recitano in teatro, di fronte al pubblico, o qualsiasi altra persona che debba mantenere uno standard di prestazioni altissimo sempre e comunque. Le problematiche sono molto simili.

Stiamo comunque parlando di persone speciali, con esigenze non comuni, che hanno obiettivi da raggiungere per i quali “si spendono” senza risparmio facendo grandi sacrifici.

Vorrei ragionare sull’essenza di un intervento efficace partendo da un presupposto.

ogni cosa che facciamo si svolge all’interno di una certa condizione in cui la persona si trova: questa condizione globale la chiamiamo “stato”.

Uno stato ideale è la condizione in cui mente e corpo stanno in perfetta armonia, non vi sono parti in disaccordo, la persona è allineata con le finalità ed i suoi scopi; le emozioni che prova sono congruenti e calibrate.

E aggiungo le condizioni perfette con cui dovrebbero funzionare il sistema cardiovascolare, respiratorio, endocrino etc. cose di cui si occupa lo staff medico.

La sua psico-fisiologia è dunque perfettamente armonizzata, tutte le componenti funzionano in armonia e si creano quindi le condizioni adatte.

Di conseguenza tutti i comportamenti della persona sono funzionali all’ottenimento della massima prestazione.

Ogni performance avviene all’interno di uno specifico “stato”: detto con il linguaggio dell’ipnosi, si può sostenere che ogni comportamento avvenga all’interno di una “trance” specifica adatta.

In questo stato, in cui ci si isola, e che, se vi è stata una preparazione adatta, scatta da solo, non si viene condizionati da fattori esterni ed appunto tutto della persona confluisce verso l’ottenimento della miglior performance.

Ora, la domanda che un addetto ai lavori potrebbe porsi è: come fare per rendere la prestazione eccellente e garantita, con fluttuazioni di rendimento minime ?

Operando con l’ipnosi è possibile pensare ad un intervento basato su alcuni obiettivi che potrebbero coprire tutta la gamma di esigenze di un atleta.

  • attivare tutte le risorse energetiche
  • ottimizzare ogni funzionamento a livello fisico e fisiologico
  • armonizzare ogni funzione con le altre
  • imparare schemi e farli funzionare in automatico
  • affinare il gesto tecnico e le abilità specifiche
  • creare la “mentalità ” giusta, cioè l’allineamento con il compito e la motivazione profonda
  • mettersi al riparo da interferenze (comportamenti o pensieri che non c’entrano o ostacolano)
  • rendere l’atleta autonomo rispetto al preparatore (anche psicologico) nel momento della prestazione
  • ottenere che l’atleta entri in uno stato di trance adatta nel momento della prestazione

nel mio lavoro di counselor la prima cosa che faccio, dopo un primo colloquio, è stabilire con l’atleta obiettivi chiari e ben formati, in modo che ogni cosa di lui sia daccordo su dove andare, cosa fare, e perché.

Poi penso a chiarire la sua storia personale identificando ogni elemento che possa essere condizionante : nella storia della famiglia, nei rapporti con i genitori, nelle esperienze, si possono trovare le convinzioni limitanti, nonché gli apprendimenti ed i modellamenti avvenuti inconsciamente, poco funzionali ai bisogni attuali della persona.

La motivazione al risultato diventa così attuale e finalizzata

E’ possibile poi perfezionare il gesto tecnico, modellando” le eccellenze e ricavando delle informazioni di qualità, fissandole fino ad installare nuovi e perfetti automatismi.

Per ottenere nuovi schemi e nuove abitudini motorie diventa essenziale eliminare ogni limite all’apprendimento ed allenare ogni nuovo apprendimento finchè non sia percepito ed utilizzato come se lo avesse sempre avuto.

In un quadro allargato della prestazione, lavoro per allineare la performance con lo scopo della vita, ed inserirla entro un quadro esistenziale molto ampio, in cui raggiungere il proprio obiettivo sportivo abbia anche la funzione di propulsore dell’evoluzione della persona e ne sia parte congruente.

E’ necessario anche garantirsi che la prestazione sia esente da quelli che noi chiamiamo “sabotaggi interni”: a volte ci sono parti (parti psichiche di cui la persona non sa nulla) che vivono in autonomia rispetto alla coscienza della persona. Se esse non sono in accordo tra loro o con l’obiettivo, oppure vogliono altro, esse interferiscono, “remano contro” invece di aiutare, e portano via energia, concentrazione, chiarezza, producendo momenti di disallineamento, cali energetici, deconcentrazione.

Ciò anche per essere sicuri che ogni azione avvenga in condizioni di sicurezza e non si incorra in incidenti o danneggiamenti per disattenzione, mancanza di concentrazione, o comportamenti che derivino da paura inconscia e/o repressa, o rabbia che possa portare al non controllo.

Vogliamo che la persona sia diretta da un unica guida interna autorevole, responsabile di tutto e dotata di ogni potere ed energia.

Bisogna infatti che le emozioni siano per l’atleta una fonte di energia fruibile e non una perdita che indebolisce e che ogni altro aspetto sia coerente e congruente: che ci siano i pensieri, immagini, dialogo interno efficaci e convinzioni adeguate.

Vogliamo anche che la performance avvenga senza variazioni eccessive, mantenendo una media di livello alto.

Infine ha senso che l’atleta o qualunque altro professionista trovi un intima soddisfazione in quello che fa, mentre lo fa e non solo nel momento finale, cioè quando ottiene il risultato.

Fatto tutto questo, e mi sembra veramente non poco, credo che la persona sia pronta per ottenere il massimo esprimibile dal suo potenziale.

Se qualcosa di questi elementi mancasse, è come se vi fosse, in una diga, una piccola crepa.

Chissà se andrà tutto bene ?

Ma per un professionista, sia atleta, sia preparatore, non ha senso rispondere “forse” ed affidarsi alle speranze.

Bisogna affidarsi a sistemi che diano la massima garanzia di completezza.

Tra tutte le metodologie sono convinto che l’ipnosi sia quella che può intervenire con maggiori garanzie di efficacia e tempi più rapidi.

Essa permette anche di testare il risultato subito, con ottima approssimazione, senza attendere di verificarlo nella pratica.